Nell’arco degli ultimi 40 anni il famoso gender gap è diminuito. Secondo l’Istat i fattori principali che stanno sostenendo la sempre più attiva partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono due: il maggiore livello di istruzione e il cambiamento culturale nei riguardi del lavoro.
Ma è tutto rose e fiori?
Quali sono i fattori che ancora oggi differenziano le donne e gli uomini nel lavoro?
Un minore accesso alle figure apicali, una maggiore diffusione dei lavori part time e carriere discontinue sono i fattori che determinano ancora oggi le differenze di genere nei redditi da lavoro. Le analisi testimoniano che viene utilizzata una scarsa quantità di capitale umano per la componente femminile: per le donne è tuttora difficile inserirsi in un contesto lavorativo che sia coerente e all’altezza del loro livello di istruzione. Inoltre, le giovani donne in media hanno livelli di istruzione più elevati rispetto agli uomini, ciononostante sono ancora soggette a dei differenziali nei tassi di occupazione alla fine dei loro studi. In Italia avere dei figli è un fattore che influenza fortemente il processo decisionale che porta all’assunzione di una donna. Come riporta l’Istat, l’11% delle donne con almeno un figlio non ha mai lavorato, a differenza della media europea rappresentata da un 3,7%. Una soluzione potrebbe essere individuata nel part time, se non fosse che è diventato sempre di più uno strumento utilizzato dalle imprese per avere più flessibilità lato azienda, piuttosto che per conciliare i tempi di vita delle persone. In questo caso delle madri.
Che misure stanno adottando le aziende per sostenere le donne lavoratrici?
Ci sono moltissimi casi di aziende virtuose che stanno mettendo in campo azioni, anche particolarmente innovative, tese a invertire il trend attraverso misure a sostegno del lavoro femminile. Ecco alcuni esempi:
- Smart working – in grado di consentire di conciliare le esigenze lavorative e quelle famigliari
- Contributi monetari – alcune società, come per esempio Danone, hanno integrato con un contributo economico il periodo di maternità facoltativa, mentre Zurich Italia ha addirittura esteso il congedo di 16 settimane retribuite ad entrambi i genitori
- Asili nido aziendali – sono diverse le realtà che predispongono un asilo nido sostenendo parte della retta. Cooperativa Aliante ha addirittura istituito il ‘’babysitting domiciliare’’ nei casi di urgenze da parte dei genitori che non possono badare ai figli per comprovate esigenze lavorative
- Voucher e rimborsi – per acquistare non solo alimentari, ma anche beni di prima necessità come pannolini e abbigliamento. I rimborsi possono essere previsti anche per le spese scolastiche o quelle di babysitting.
- Servizi di coaching – per supportare le neo-mamme al rientro all’attività lavorativa
Tutte queste misure sono finalizzate a sostenere l’empowerment delle donne e le loro carriere, affinché il gender gap possa estinguersi completamente.
Direzione: gender equality
L’Italia, ispirata dalle iniziative della Commissione Europea tese a raggiungere una completa uguaglianza, ha elaborato la Strategia Nazionale sulla parità di genere 2021-2026. L’obiettivo è quello di raggiungere pari partecipazione e opportunità nel mercato del lavoro. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha inserito tra le priorità trasversali la promozione dell’uguaglianza di genere: grazie a questo, si prevede che l’occupazione femminile crescerà di quattro punti percentuali tra il 2024 e il 2026. Le misure adottate saranno di natura diretta e indiretta: le prime sono volte a generare un impatto immediato, le seconde agiscono su meccanismi alla base delle disuguaglianze per arrivare a una definitiva eliminazione delle problematiche attuali. Se è vero che questi provvedimenti segnalano una sempre maggiore consapevolezza rispetto alla necessità di eliminare le disuguaglianze che provocano un tale divario, di quanto tempo avremo ancora bisogno per smettere di parlare di gender gap e vedere concretamente realizzata la gender equality?